Le persone si preoccupano degli eccessi del capitalismo poiché effettivamente gli aspetti criticabili sono tanti.
Io credo che chi si inquadra nel capitalismo sia come ogni persona che segue un “ismo”: si sta allineando con un pensiero che gli farà perdere abilità nell'oggettivare la realtà, e quindi la verità.
Certo è che però il puro relativismo non porta mai da nessuna parte e quindi bisogna spesso decidere di dover schierarsi da qualche parte, senza per questo perdere ogni capacità di ragionamento critico.
Al di là di questo, mi chiedo se il capitalismo sia poi tanto male, specialmente confrontato agli altri fenomeni di organizzazione del mondo accaduti nella storia. Pur avendo mille difetti rimane per me sempre un pensiero tendente a favorire le cose migliori ed a ordinare le persone in modo migliore rispetto alla sua antitesi comunista. Il capitalismo è la volontà delle persone di cercare ciò che più le aggrada, non è un concetto sbagliato in sé, è sempre esistito. Il problema è quello di saper unire all'approccio capitalista una coscienza morale ed umana, senza farsi seppellire dall'avidità e dall'egoismo.
Il consumismo ad esempio è uno degli aspetti più criticati della nostra civiltà capitalista anche se in realtà è un fenomeno davvero stupido.
Tutti ce l'hanno a morte con il consumismo, voglio ricordare però che tutti devono consumare per vivere, e che le persone definite consumiste sarebbero solo coloro che comprano cose in abbondanza, magari senza nemmeno averne bisogno. Sembra banale scriverlo, ma queste persone sono semplicemente male organizzate, il termine più giusto sarebbe “spreconi”.
Nessuno ci obbliga a comprare cose in surplus, così come nessuno obbliga a riempire il frigorifero di roba che spesso deve essere gettata perché è passato troppo tempo da quando l'abbiamo comperata.
Il consumismo esiste perché nella nostra società abbiamo tanto in termini materiali, ma magari poca tranquillità e pochi rapporti umani, così gli sprechi e le esagerazioni sono facili e diffusi. A ragion del proverbio “mal comune, mezzo gaudio”, si è creata questa parola “consumismo”, una di quelle tante parole coniate per descrivere fattori cosiddetti sociali, che ci portano spesso lontano dal capire quale sia la verità oggettiva. Una persona di buon senso che ha vissuto in campagna non parlerebbe mai di consumismo in termini così seri ma lo ridicolizzerebbe di più, e parlerebbe di gente che non è capace di tenere dietro alla roba di casa..
Ammetto di non riuscire sempre ad impostare la mia vita nel modo migliore e che spesso, dopo un attento esame di coscienza mi trovo anche io nella situazione dello sciupone.
Quando riordino i vestiti nell'armadio e getto la roba che non credo di indossare più, spesso mi viene quell'innervosimento dovuto dalla consapevolezza che sto facendo una cosa non tanto giusta, ma visto che tutto non si può temere, getto.
Penso ai miei primi regali ricevuti da bambino, ai tanto agognati primi paia di jeans, alla parsimonia con la quale mia madre faceva la spesa nei miei primi anni di vita od alle storie di povertà durante la guerra. Ci sto un po' male perché mi sento sciupone, mi sento di non valutare bene le cose che compro e di non saper gestirmi in ciò che faccio.
La persona in gamba, compra oggetti quando sa di poter utilizzarli per abbastanza tempo da ritenersi soddisfatta, non segue come priorità le mode ma la qualità dell'oggetto dove per qualità si intende la resistenza al tempo, l'adeguatezza per il suo scopo, la mancanza di imperfezioni e altre variabili estetiche.
Comprare con criterio senza rinunciare alla soddisfazione di acquistare ciò che si desidera è una abilità non da poco. Io ammetto di essermi lasciato andare ed aver comprato vestiti che ho usato due volte e poi buttato via oppure di lasciarmi troppo influenzare dalle mode ed acquistare un cellulare nuovo anche se quello che uso funziona ancora come quando l'ho comperato.
Ammetto di essere influenzato dal contesto, ammetto di lasciarmi a volte condizionare dagli altri in quello shopping frenetico parzialmente giustificato dal far girare l'economia. Alla base di tutto c'è però un sentimento comprensibile, quella voglia di essere belli ed al passo coi tempi. Questa voglia non deve spingerci a credere che sia indispensabile affiancarsi a quello che fanno gli altri, è soltanto una nostra scelta, la colpa è e rimarrà nostra. Sentirsi giustificati di una manchevolezza poichè lo fanno gli altri è il primo passo per rinunciare ad avere un pensiero individuale.
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